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Centri antiviolenza: Abruzzo al top

Da www.abruzzoweb.it

C’è un dato che fa dell’Abruzzo una regione all’avanguardia: è quello del numero di centri anti-violenza, e della loro copertura territoriale e anche l’intensità della sua attività. 13 strutture  e dunque 2,3 ogni centomila donne potenziali utenti. Miglior percentuale in Italia, seconda solo alla Campania, con 2,7 e seguita da quella del Molise, 2,1. Ben al di sopra della media nazionale.

Il dato è contenuto in un documento licenziato dalla Commissione femminicidio del Senato  a metà luglio, che riporta i dati raccolti dall’Istat.

La fotografia scattata dall’istituto di statistica ci dice che durante l’ultima rilevazione i centri anti-violenza erano 366. Di questi, il 38,4%, ovvero 137, collocati al Nord, il 14,9%, cioè 61, al Centro e il 46,6%, per un totale di 168, al Sud. In particolare, al Nord e al Centro c’è una media di 1,1 strutture ogni 100 mila donne con più di 14 anni, mentre nel Mezzogiorno la proporzione è di 1,8.

La distribuzione dei centri, tuttavia, varia molto da Regione a Regione. Infatti ad eccellere restando nel virtuoso Sud, sono Campania, Abruzzo e Molise, mentre ad esempio in  Basilicata il numero dei centri è invece di poco inferiore a 1 ogni 100 mila donne.

Questi centri Antiviolenza pienamente operativi in Abruzzo: Centro Antiviolenza L’Aquila, Donna Alpha di Chieti, Ananke di Pescara, La Fenice di Teramo, Dafne di Lanciano, Donn.E’ e Non Sei Sola di Ortona, (con gli sportelli Demetra di  Fossacesia ed Eva di Torino di Sangro), Donna di Castel di Sangro, Liberadiosa e La Libellula di Sulmona, Donnattiva di Vasto, Maja di Guardiagrele, R.o.s.a. di Montesilvano, e infine Casa Delle Donne Nella Marsica di Tagliacozzo.

Come già riferito da Abruzzoweb in base alle rilevazioni più recente, del 2017, risulta poi in Italia più di 43mila donne si sono rivolte ai Centri Antiviolenza, e  il 67% di loro ha iniziato un percorso di uscita dalla violenza. L’Abruzzo, nei dati raccolti dall’Istat, è tra le regioni italiane in cui si registra il maggior tasso di accoglienza.

Nell’anno di monitoraggio, che rappresenta comunque un andamento consolidato anche nel 2018 e durante il 2019, si sono infatti rivolte ai Centri 1.422 donne, e 466 di loro sono state prese in carico, con un percorso individualizzato di uscita dalla violenza. Di queste 85 sono donne straniere, 280 donne con figli, di cui 204 con figli minorenni.

In fase di intervento, 238 donne sono state indirizzate ai servizi territoriali, e 25 in case rifugio, o in altre sistemazioni.

Per quanto riguarda i servizi offerti, 9 su 10 dei centri abruzzesi, applicano metodologie per la valutazione del rischio di recidiva della violenza sulla donna, 6 su 10 hanno sportelli di ascolto.

La presidente della Commissione Femminicidio, Valeria Valente,  Partito democratico spiega però che la “A fronte di una escalation, nel Sud gli operatori si sono certamente attrezzati. Dunque, è aumentata l’offerta di aiuto, ma non ancora la domanda perché le donne continuano a fare più fatica di quelle del Nord a denunciare”.

Tra le misure che la commssione ha individuato ci sono “una programmazione centrale e di un quadro unitario di riferimento in grado di ridurre le disomogeneità territoriali» da qui l’auspicio di una revisione dell’intesa Stato-Regioni che risale al 2014 – ma anche di una «semplificazione e sburocratizzazione”.

E ancora ”il superamento del meccanismo di riparto annuale dei finanziamenti per passare a uno almeno triennale che consentirebbe una programmazione più razionale degli impegni di spesa”. Sempre secondo i suggerimenti della commissione “per consentire a tutte le amministrazioni coinvolte di agire verso un miglioramento della qualità dei servizi, appare necessario ragionare non solo in termini di requisiti minimi, bensì nell’ottica della definizione di un insieme di standard e princìpi guida a cui tendere”.


Pubblicato il 9 settembre 2020